Il concetto di “carico urbanistico”, è particolarmente complesso e rappresenta uno dei concetti chiave dell’urbanistica. In particolare, è l’effetto che viene prodotto dall’insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio.
Secondo la Corte di Cassazione, la nozione di “carico urbanistico” va valutata con riferimento all’aspetto strutturale e funzionale dell’opera ed è rilevabile anche nel caso di una concreta alterazione dell’originaria consistenza sostanziale di un manufatto in relazione alla volumetria, alla destinazione o all’effettiva utilizzazione, tale da determinare un mutamento dell’insieme delle esigenze urbanistiche valutate in sede di pianificazione, con particolare riferimento agli standard fissati dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 (Cass. Sez. III n. 36104, 5/10/2011).
Inoltre, l’aggravio del carico urbanistico deve essere considerato in relazione agli indici della consistenza dell’insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi (Sez. III n. 6599, 17/2/2012).Rafforza la mancata definizione di “carico urbanistico” nel nostro ordinamento nazionale, l’Intesa in sede di Conferenza unificata, sancita con D.P.C.M. 20 ottobre 2016, con la quale nell’approvare il Regolamento Edilizio Tipo ai sensi dell’art. 4, comma 1-sexies, del T.U.Ed. n. 380/2001, è stato definito il carico urbanistico come il “Fabbisogno di dotazioni territoriali di un determinato immobile o insediamento in relazione alla sua entità e destinazione d’uso. Costituiscono variazione del carico urbanistico l’aumento o la riduzione di tale fabbisogno conseguenti all’attuazione di interventi urbanistico-edilizi ovvero a mutamenti di destinazione d’uso”.
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