Per la Cassazione, la nozione di “affare” va intesa in senso generico ed empirico e il compenso spetta anche se le parti gli danno una forma giuridica diversa da quella per cui il mediatore abbia prestato la propria opera
Il mediatore ha diritto ad essere remunerato per l’attività svolta anche se le parti danno all’”affare” una forma giuridica diversa da quella per cui l’opera è stata prestata. Così la Cassazione, con l’ordinanza n. 11675/2023, decidendo il ricorso proposto da una società nei confronti di una immobiliare per il pagamento di quasi 20mila euro a titolo di provvigione per la mediazione svolta in relazione ad un’operazione di cessione di quote della società opponente.
La vicenda:
Nella vicenda, la Corte d’appello di Firenze, confermando la pronuncia di primo grado, aveva respinto l’opposizione della Srl avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dall’immobiliare.
In particolare, il giudice distrettuale aveva ritenuto che la mediazione fosse stata svolta nell’interesse e a nome della società, poichè il suo amministratore, aveva sempre agito in nome e per conto della stessa e mai a titolo personale; obbligata a versare la provvigione era, quindi, l’opponente (e non l’amministratore in proprio), nei cui confronti la prescrizione era stata più volte interrotta.
La Srl adisce quindi la Cassazione denunciando, tra le altre cose, la violazione dell’art. 1755 c.c., sostenendo che l’incarico di mediazione era stato conferito al fine di trasferire a terzi taluni immobili in proprietà della Srl, mentre era stata poi conclusa una cessione di quote sociali, non da parte della società, ma da parte dei soci.
Per cui, non sussistendo il requisito dell’identità tra l’affare concluso e quello per cui era stata svolta la mediazione e tra le parti poste in contatto dal mediatore e quelle che avevano perfezionato la cessione, l’immobiliare non poteva pretendere dalla società alcuna provvigione, dovendo rispondere del pagamento i soci che avevano ceduto le proprie quote.
La decisione:
Per la seconda sezione civile della S.C., sul punto, la Srl ha torto.
“Il diritto alla provvigione sorge quando l’affare è concluso per effetto dell’intervento del mediatore” anticipano gli Ermellini. E proseguono: “la nozione di ‘affare’ va intesa come operazione di natura economica, suscettibile di conseguenze giuridiche, che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione del negozio, per la risoluzione o per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato” (cfr., tra le altre, Cass. 28879/2022).
L’affare dunque deve “intendersi in senso generico ed empirico, anche ove si articoli in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico” e perciò l’attività del mediatore deve essere “remunerata anche quando le parti diano all’affare una forma giuridica diversa da quella per cui il mediatore abbia prestato la propria opera, come pure è consentito che le parti sostituiscano altri a se stessi nella stipulazione del contratto, senza pregiudizio per i diritti del mediatore”.
Infine, asseriscono i giudici della S.C., “sussiste l’identità dell’affare ai fini del diritto alla provvigione ove i contraenti, in luogo che perfezionare la vendita di un immobile, originariamente programmata, abbiano inteso ottenere il medesimo risultato economico mediante il trasferimento delle quote della società titolare, dovendo ritenersi che, anche in tal caso, l’operazione sia stata condotta in porto per effetto dell’opera del mediatore”. Principio questo da intendersi come “corollario della formulazione adottata dal legislatore: la norma assume come parametro per il sorgere del diritto alla provvigione non le categorie giuridiche del contratto o nel negozio giuridico, ma la nozione giuridico-economica di ‘conclusione dell’affare’” (cfr. testualmente, Cass. 4381/2012).
In definitiva, conclude la Cassazione, il pagamento competeva alla Srl “sussistendo l’originaria identità dell’operazione dal punto di vista soggettivo, ossia una correlazione e continuità tra il soggetto che aveva partecipato alle trattative e coloro che ne avevano preso il posto in sede di stipulazione negoziale”.
Scarica l’ordinanza n. 11675/2023 della II° Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione